Il 25 settembre saremo chiamati a fare una scelta di campo tra due visioni legate al destino del nostro Paese, le quali risultano essere molto differenti tra di loro. Da un lato, una opzione politica che tuteli i più fragili, vulnerabili, disoccupati di lungo periodo, persone che per l’età non sono più ricollocabili nel mercato del lavoro e dall’altro, la difesa degli interessi degli imprenditori, del mercato, l’abolizione del Reddito di Cittadinanza, il contrasto all’istituzione del salario minimo, il continuare a mantenere in campo una infinità di contratti di lavoro a termine, che precarizzano la vita e tolgono ogni progettualità per il futuro dei nostri giovani.
Partiamo da dati concreti: in Italia ci sono 6 milioni di poveri assoluti che non hanno alcun sostegno per vivere, non hanno nulla di nulla. Poi ci sono altri 8 milioni di persone, sempre rubricate nella categoria dei poveri, i quali hanno appena ciò che è indispensabile per mettere insieme tre pasti quotidiani. Si tratta, quindi, di ben 14 milioni di persone, su una popolazione nazionale di 60 milioni di abitanti.
Guardando bene, su una classifica di 186 Paesi esteri, ci ritroviamo ad occupare l’ottavo posto nella graduatoria delle nazioni più povere. Nonostante siamo stati, secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, l’ultimo Paese a prevedere una misura come il Reddito di Cittadinanza, ora una proposta partitico-politica, ne chiede a gran voce la cancellazione. E pensare, che in termini di cifre, eroghiamo, comparativamente ad altri stati, l’importo economico più basso, tenendo presente che il Reddito di Cittadinanza, eroga una somma che si aggira intorno ai 540 euro a persona.
Si dice che i soldi posti a bilancio per il Reddito di Cittadinanza, debbano essere spostati in favore delle imprese. Tuttavia, pare che queste ultime abbiano già ricevuto tutto il possibile. Infatti, con la concessione della flessibilità sul lavoro, l’abolizione dell’Irap, il Jobs Act, la cancellazione dell’articolo 18 e la ricezione di circa 30 miliardi di euro, affinché le aziende fossero incentivate ad assumere, credo che una lauta elargizione sia già avvenuta. E nonostante tutto ciò, se nel 2002 gli occupati erano il 58%, oggi siamo ad un tasso di occupazione del 60%, con un incremento di soli due punti.
L’avversione per il Reddito di Cittadinanza da parte di un’area politica, nasce da lontano: si diceva che non c’era un euro per finanziarlo. Poi abbiamo abolito 345 seggi in Parlamento, con un gran risparmio economico, visti i notevoli emolumenti in favore di deputati e senatori. A parte questo, in definitiva, coloro i quali vorrebbero cancellare il RdC, nonostante sia stato già finanziato sino al 2029, auspicherebbero il ritorno del Rei, Reddito di Inclusione, molto simile alla paghetta che mamma e papà danno al loro figlio preadolescente, per una serata con gli amici. Il resto agli imprenditori, che investono per beni strumentali e vantaggi personali, piuttosto che in assunzioni stabili di risorse umane.
Ora la scelta e la decisione in merito a due visioni diverse della società, tra chi fa più fatica a vivere e chi non sa come spendere i tanti soldi, è nella matita con la quale, all’interno della cabina elettorale, saremo chiamati ad effettuare la nostra scelta sulla scheda elettorale, una scelta che impegnerà le forze politiche per la prossima intera legislatura. Per il cristiano che si pone all’ascolto della Scrittura, valga la parola che dice “Beato chi ha cura del povero” – Salmo 41:1.