IN COSA CREDIAMO

 

  1. Noi crediamo che la Bibbia sia concretamente la “Parola di Dio”, scritta da uomini da Lui ispirati.  Essa è infallibile in materia di fede e di dottrina (2 Timoteo 3:16 / 2 Pietro 1:20-21).
  2. Noi crediamo in Dio Padre, uno e trino, creatore del cielo e della terra, perfetto in santità e onnipotenza. Dio d’amore e di giustizia, si è incarnato in Gesù Cristo (Isaia 9:5 – Giovanni 1:1-5), mostrando misericordia  nei confronti dell’uomo, per salvarlo dalla colpa del peccato (Romani 5:12). A tutti quelli che vengono a Lui, per mezzo della  fede nel suo Figlio (Giovanni 3:16) egli dona salvezza e vita eterna (Giovanni 17:3).
  3. Noi crediamo in Cristo Gesù, concepito per opera dello Spirito Santo. Il figlio di Dio, nato dalla vergine Maria, ha espiato sulla croce i peccati dell’intera umanità, operando il sacrificio di riscatto. Crediamo per fede nella sua risurrezione insieme ai testimoni coevi, che videro il risorto (1 Corinzi 15:3-8); egli è asceso al cielo dal monte degli Ulivi, vicino a Gerusalemme, alla presenza dei suoi discepoli (Atti 1:9). Siede alla destra di Dio per compiere l’opera di mediazione e intercessione sacerdotale (1 Timoteo 2:5 – Ebrei 9:24-26), a beneficio di coloro che lo hanno ricevuto come proprio personale salvatore (Matteo 10:32 – Apocalisse 3:20).
  4. Noi crediamo nello Spirito Santo, terza persona della divina Trinità. Lo Spirito Santo entra nella vita dell’uomo per convincere il mondo intorno alla realtà del peccato, della giustizia e del giudizio. Crediamo nella sua opera di rigenerazione, santificazione e consolazione, a beneficio di  coloro che lo hanno ricevuto nel proprio cuore (Apocalisse 3:20).  Lo Spirito Santo guida il credente nella verità (Giovanni 16:7-8). Ogni discepolo dopo essere stato rigenerato (Giovanni 3:1-8), può camminare nella via della vita, per mezzo di tale Spirito (Matteo 3:16) dimostrandone i frutti (Galati 5:22). Pertanto il “Battesimo dello Spirito”,  avviene quando l’uomo, pentito per il proprio peccato, riemerge dalle acque battesimali, ottenendo per fede il dono della vita eterna in Cristo (1 Giovanni 5:11). In tal modo il credente fa esperienza di rinascita (2 Corinzi 5:17) e riceve la capacità di testimoniare il Vangelo con forza e potenza (Atti 1:8).
  5. Noi crediamo che tutti gli uomini siano peccatori, sia per inclinazione naturale che per libera scelta (Romani 5:12 – Giacomo 1:13-15). Affermiamo che coloro i quali accettano Cristo come proprio Signore e Salvatore, godranno in eterno la presenza di Dio. Diversamente, chi  lo rifiuta deliberatamente, sarà per sempre separato da Lui (Marco 16:16 – Matteo 10:33).
  6. Noi crediamo che la Chiesa sia un corpo vivente e spirituale (1 Corinzi 12:27), del quale Cristo è il Capo (Efesini 5:25 – Apocalisse 19:1-9).  Di essa ne fanno parte tutti i rigenerati, sepolti simbolicamente con Lui nel battesimo, e risuscitati spiritualmente per vivere una nuova vita (Romani 6:4) in comunione fraterna (Atti 2: 42-47 – Ebrei 10:24-25).
  7. Noi crediamo che il Battesimo e la Santa Cena, siano gli unici due sacramenti donati da Cristo alla sua Chiesa, affinché fossero osservati dai credenti ( Matteo 28:19 - Marco 14:22-25). Alla Santa Cena possono partecipare coloro che hanno pronunciato la loro confessione di fede e ricevuto il battesimo da adulti, secondo il modello di Gesù.
  8. Noi crediamo che l’uomo sia formato da un’unità composta di corpo, anima e spirito (1 Tessalonicesi 5:23). Come tale, il concetto di immortalità, ovvero di vita oltre la vita, è insito nel nostro cuore (Ecclesiaste 3:11) ed è confermato dalle parole di Gesù, riportate in Giovanni 11:25 “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me anche se muore vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morirà mai”. Tuttavia, la Bibbia insegna un giudizio distinto, tra chi ha creduto e chi ha rifiutato di vivere secondo gli insegnamenti della Parola di Dio (Luca 16:19-31 – Ebrei 9:27).
  9. Noi crediamo nella seconda venuta del Messia alla fine delle epoche, per giudicare i popoli ed inaugurare il tempo del millennio (Zaccaria 14:4/ Atti 1:11/ Apocalisse 20:1-6).
  10. Noi crediamo che le anime di coloro ci hanno preceduto, saranno riunite ai loro corpi alla fine dei tempi, per ricevere una resurrezione di vita o di giudizio eterno (Giovanni 5:28).

I VALORI ETICI

L'etica (dal greco èthos), indica un insieme di norme che possono includere aspetti legati al comportamento, al costume o consuetudini tali da indirizzare corrette scelte di vita. In realtà si tratta di una materia che nel suo insieme studia i fondamenti razionali, i quali permettono di assegnare alle azioni umane uno status deontologico. Il tutto, all’interno di un quadro che possa distinguere le azioni delle persone in termini di giustizia, in ordine a comportamenti ritenuti, illeciti, sconvenienti o intrinsecamente malvagi, secondo un ideale modello morale.

In Romani 2:14-15 è scritto che “…Quando i pagani, che non hanno la legge, per natura agiscono secondo la legge, essi, pur non avendo legge, sono legge a se stessi; essi dimostrano che quanto la legge esige è scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono”.

Come tutti gli -ismi (fanatismi, fascismi, integralismi, radicalismi, bigottismi), l’etica deve fare attenzione a non diventare quella caricatura definita con l’espressione di “moralismo”, con la conseguente degenerazione concettuale.  Vi sono dei valori insiti nella coscienza dell’uomo. Come abbiamo visto, tale disposizione posta da Dio nel nostro cuore, agisce come una “legge” o regola implicita di condotta, anche in talune persone non religiose. Questa è, sostanzialmente, la capacità di esaminare e giudicare se stessi (Romani 9:1).

Ma esiste una etica cristiana? E all’interno di questa, esiste una etica evangelica e protestante? Nella misura in cui Dio e la sua Rivelazione vengono posti al centro della vita dell’individuo e della società, allora potremmo di si.

Il guardare indietro e giudicare la propria condotta morale, è il segno di una coscienza che è attenta ed in grado di compiere quella  revisione di vita che si chiama “conversione”. Essa viene intesa biblicamente come metanoia, termine il quale deriva dal greco metanoeo, verbo che vuole esprimere l’idea di una vera  e propria rivoluzione copernicana, sia nel pensiero che nell’azione.

“Il peccato getta l’intelligenza umana nelle tenebre, e la disorienta quando si tratta di realtà di capitale importanza”. Così si esprimeva la Dichiarazione Evangelica di Chicago del 1986, in merito all’etica biblica. Ed è per questo che, nel presente sito, abbiamo voluto dedicare sezioni specifiche ad aspetti legati al vissuto umano, in tutte le sue declinazioni sociali più rappresentative. 

ADULTERIO

 Affronteremo insieme un argomento drammatico, come quello del tradimento all’interno della coppia. Non ci limiteremo a fare solo della versettologia biblica, ma andremo più a fondo, tracciando un quadro globale che analizzi nel suo insieme, il vissuto e la dignità della persona ferita.

 

 PER LA LEGGE CIVILE

 

La fedeltà coniugale, rappresenta uno dei punti più significativi e permanenti nell’impegno della donazione matrimoniale reciproca. La fedeltà tra i coniugi, costituisce infatti uno dei doveri fondamentali che scaturiscono dal matrimonio (oltre a quello della collaborazione, assistenza, ecc.).

Il principio dell’esclusività tra un uomo e una donna, rappresenta l’anima della società coniugale e sta anche alla base del principio giuridico della non libertà di stato come sancito dall’articolo 86 del Codice Civile, “Non può contrarre matrimonio chi è vincolato da un matrimonio precedente”, quindi non è consentita la coesistenza di più due comunioni di vita contemporaneamente.

 Ma ora analizziamo il significato del termine “adulterio” nella sua etimologia: esso trae origine dall’espressione latina “ad alterum” , cioè andare verso un altro. Pertanto, l’adulterio si può definire come un agito legato ad una relazione che ha come primo movente l’interesse sessuale  fra due persone, al quale si può associare anche l’aspetto sentimentale, ma non sempre. Spesso, i protagonisti di tale vicenda, sono coppie extraconiugali, in cui almeno uno è già sposato con un altro soggetto. In questo frangente, ci troviamo di fronte ad una violazione della fedeltà coniugale.

Il Diritto Romano, in vigore dalla data convenzionale della Fondazione di Roma (753 a.C.) fino alla fine dell'Impero di Giustiniano (565 d.C.), per ben 13 secoli ha costituito l'ordinamento giuridico, dal quale abbiamo ereditato l’ispirazione delle nostre leggi di civiltà. Al tempo degli antichi Romani, l’adulterio della moglie era sanzionato come reato punibile con la pena di morte, eseguita dal marito o da altri familiari di sesso maschile. Diversamente, il marito adultero era punito con sanzioni pecuniarie, comportanti la restituzione della dote, se dal fatto derivava il divorzio.

L'adulterio, nel Diritto Italiano nel 1930 veniva classificato in base all'art. 559 del Codice Penale il quale stabiliva che:

“La moglie adultera è punita con la reclusione fino a un anno. Con la stessa pena è punito il correo dell'adultera. La pena è della reclusione fino a due anni nel caso di relazione adulterina. Il delitto è punibile a querela del marito”.

Oggi l’infedeltà coniugale non rappresenta più un reato, da quando due sentenze della Corte Costituzionale (n.126/1968 e n.147/1969) hanno dichiarato illegittimi gli articoli 559 e 560 del Codice Penale, tuttavia rappresenta ancora un fatto di elevata rilevanza sul piano giuridico.

 

IL CONTESTO STORICO E SOCIALE NELLA BIBBIA

 

Nella Bibbia, l'adulterio è considerato un peccato, inteso come rapporto sessuale volontario di una persona sposata, con altre al di fuori del vincolo coniugale. Quando un individuo sposato ha rapporti sessuali con chi non sia il proprio coniuge, commette immoralità. Infatti, il significato primo del sostantivo “fornicazione” deriva dal latino “fornicāre” derivato a sua volta dal greco 2fornix”, appellativo dato alla sede di lavoro delle prostitute. Lo stesso dicasi dell’ebraico zenut, espressione intesa come fornicazione, legata a prostituzione e lussuria.

Per cui, nel pieno rispetto dei significati reali e originari delle parole,  il sostantivo greco porneia, sta ad indicare il rapporto di un uomo con una prostituta. Se quest’ultimo è sposato, ecco che diventa adulterio. Non a caso, le statistiche odierne dicono che in Italia  abbiamo 9 milioni di fruitori del sesso a pagamento, ed il 70% di loro sono sposati, come volevasi dimostrare. Per questo, la condanna che Paolo esterna in 1 Corinzi 6:16-20, trova oggi come allora, un senso preciso, essendo rivolta ad uomini regolarmente sposati e o scapoli.

E che dire della frese paolina alla fine del versetto 18 di 1 Corinzi 6, che dichiara “ma il fornicatore pecca contro il proprio corpo”? La risposta si trova nelle malattie che si contraggono dai rapporti sessuali con prostitute, come clamidiosi, epatite  B, gonorrea, herpes, linfogranuloma venereo (LGV), sifilide, prostatiti batteriche, ecc. Non è infrequente che un gran numero di donne abbiano scoperto l’adulterio del marito, contraendo per contagio una di queste patologie.

Nella Mesopotamia del Vicino Oriente, c’erano molti santuari o templi dedicati alle divinità dell'amore, luoghi nei quali la prostituzione sacra era divenuta una pratica comune. Teniamo presente che al di fuori di Gerusalemme l’ambiente sociale in cui erano fondate le prime Chiese, si nutriva del retroterra della cultura greco-romana. Ciò è stato documentato da Erodoto, padre nobile della Storia, intellettuale greco vissuto nel V secolo a.C., attento indagatore degli usi, dei costumi e della religione dei Greci.

E così, la società della Chiesa antica, tra eroici martiri e falsi credenti ( “…ma quel che vi ho scritto è di non mischiarvi con chi, chiamandosi fratello, sia un fornicatore…” - 1 Corinzi 5:11) trova un freno nell’imperatore Costantino, il quale,  nel IV secolo, oltre a far cessare le persecuzioni, fece anche abbattere i templi in cui si praticava la prostituzione, per sostituirli con Chiese, così come testimonia l’antico storico del cristianesimo Eusebio di Cesarea nella sua opera “Vita di Costantino” ai canoni 3.55 e 3.58.

 

 LA CONDANNA NELLA BIBBIA

 

L'adulterio è fermamente proibito nella Bibbia, perché va a violare il concetto della santità della famiglia e del matrimonio (Esodo 20:14; Deuteronomio 5:18). Più specificatamente questo peccato è descritto in Levitico 18:20 "Non avrai relazioni carnali con la moglie del tuo prossimo per contaminarti con lei". Nell'Antico Testamento, questa infrazione è considerata tanto grave da meritare la morte (Levitico 20:10).

Dato che la pena di morte poteva essere inflitta nei confronti di una persona "colta in flagrante adulterio", la donna sospettata dal marito d'aver commesso tale atto, doveva essere sottoposta ad un processo pubblico, per stabilire la sua innocenza o essere manifestata come peccatrice da un giudizio divino (Numeri 5:11-31 / Giovanni 8:4). Sebbene l'adulterio fosse condannato dalla legge divina come una grave trasgressione (Giobbe 31:9-11), esso non poteva essere estirpato; difatti, sia uomini che donne si macchiavano sovente di tale colpa (Giobbe 24:15; 31:9; Proverbi 2:16-19; 7:5-22). Anche il re Davide si rese colpevole di un adulterio quando si unì a Betsabea, uccidendo il di lei marito, Uria l’Ittita (2 Samuele 11:2-5). Quando egli si pentì sinceramente di una simile azione (Salmo 51:1-19), dovette passare attraverso il dolore della morte del primo figlio concepito con Betsabea.

L’adulterio, per chi lo commette, è un peccato che rompe la intima relazione con Dio, ci fa “abortire” dalla grazia, salvo un profondo e sincero pentimento. E per chi lo subisce, vi è la libertà di contrarre nel suo futuro nuove nozze.

RISVOLTI PSICOLOGICI

Chi è vittima di un tradimento, sperimenta una forte e profonda sensazione di sofferenza. E dunque, bisogna far uscire tutte le emozioni: è terapeutico in questi casi, decomprimersi, provando a scrivere quello che è il dolore, la rabbia e le altre emozioni che si stanno vivendo. Un diario personale, in questi casi può essere di aiuto. Che fare? Se il coniuge infedele è pentito, bisogna perdonare? Se ci ha lasciati, come poter sopravvivere al dolore? Non bisogna mai prendere decisioni affrettate: è consigliabile concedersi del  tempo, per poter scegliere a mente lucida se continuare o interrompere il nostro legame. Meglio non prendere decisioni affrettate di cui ci si potrebbe pentire in seguito. La possibilità data al coniuge tradito di poter divorziare, non significa che lo si debba fare sempre e ad ogni costo. Ricordiamo come valido l’orizzonte divino che spera così:  “Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi” (Matteo 19:6), anche i quei casi in cui, al netto dell’infedeltà subita, “l’amore è più forte della morte” (Cantico dei Cantici 8:6-7.

 

DIVORZIO

 

Prima di affrontare l’argomento del divorzio, è bene parlare del concetto stesso di matrimonio. Fuor di metafora, possiamo dire che il primo sposalizio della storia, sia stato celebrato nei capitoli 1 e 2 del libro biblico della Genesi. E quindi, il rapporto matrimoniale tra un uomo e una donna, venne stabilito da Dio come istituzione fondamentale della società umana. In Genesi 2:24 è scritto: “Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne”.

L'articolo 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani afferma: “Uomini e donne in età adatta, hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato”.

 

Inoltre, i sociologi distinguono tra matrimonio religioso e matrimonio civile, “protetto legalmente” dallo Stato, come abbiamo appena letto nella Dichiarazione sopra.

 

Entrando nel merito del divorzio, cerchiamo di analizzare etimologicamente il termine: esso deriva dall’espressione latina  “divortium”, originata dal verbo  “di-vertere”, ossia separarsi.  Anche se agli Ebrei era consentito divorziare per vari motivi, Dio provvide a regolare il divorzio in seno alla Legge mosaica, donata ad Israele. Deuteronomio 24:1 dice: “ Quando un uomo sposa una donna che poi non vuole più, perché ha scoperto qualcosa di indecente a suo riguardo, le scriva un atto di ripudio, glielo metta in mano e la mandi via ”. Che cosa fosse quel “qualcosa di indecente” (letteralmente “la nuda verità di una cosa”) non è precisato. Tuttavia, che non si trattasse di adulterio lo si evince dal fatto che la legge donata da Dio a Israele, decretava che gli adulteri fossero messi a morte, e non  semplicemente ripudiati. (Deuteronomio 22:22-24). Senza dubbio l’ “indecenza” che concedeva al marito la libertà di divorziare, riguardava questioni serie: probabilmente una grave mancanza di rispetto nei suoi confronti, o forse disonore recato alla famiglia. Dal momento che la Legge stabiliva il comando del “devi amare il tuo prossimo come te stesso”, non è ragionevole presumere che colpe di minore importanza, potessero essere usate impunemente come scuse per divorziare dalla propria donna. — Levitico 19:18.

 

Nella stipula del matrimonio tra Ebrei, l’uomo pagava un indennizzo al padre di colei che avrebbe dovuto prendere in moglie. Dopo tale atto, la sposa diventava di sua proprietà. Pur avendo molti privilegi, la figura femminile nell’unione coniugale, aveva un ruolo subordinato. Una simile realtà, è ulteriormente messa in risalto nel già citato Deuteronomio 24:1-4, dov’è indicato che il marito avrebbe potuto divorziare dalla moglie, ma non viceversa. Essendo considerata di sua proprietà, non le era concesso chiedere il divorzio.

 

Nella storia secolare d’Israele, il primo caso di una donna che cercò di divorziare fu quello di Salomè, sorella del re Erode. Essa inviò al marito, Erode Filippo, un certificato di divorzio al fine di sciogliere il loro matrimonio. (Giuseppe Flavio, in Antichità giudaiche, XV, 259) Ma in cosa consisteva il certificato di divorzio, di cui parla il libro riassuntivo del Deuteronomio? Ebbene, per indicare tale documento divorzile, la lingua ebraica usa la parola ghet . Storicamente, la presentazione di un ghet  che fosse religiosamente valido poneva fine a doveri e diritti coniugali.

 

A motivo degli abusi avvenuti in seguito, non si deve concludere che la concessione del divorzio rendesse facile al marito, sciogliere il matrimonio. Per poter far questo, egli doveva osservare certe formalità: era necessario redigere un documento, “scriverle un certificato di ripudio” che avrebbe dovuto consegnarle personalmente, per “congedarla dalla sua casa” (Deuteronomio 24:1). Anche se le Scritture non forniscono ulteriori particolari al riguardo, sembra che una simile misura legale richiedesse la consulenza di uomini dovutamente autorizzati, i quali potevano tentare una riconciliazione, prima di avallare la cessazione del contratto matrimoniale. Il tempo necessario per preparare il certificato, che avrebbe condotto legalmente al  divorzio, offriva al marito l’opportunità di rivedere la sua decisione. Vi doveva essere una ragione motivata per divorziare e, quando la norma era dovutamente contemplata, tutto ciò poteva servire a scoraggiare un’azione precipitosa. Inoltre, con questa procedura, erano tutelati anche i diritti e gli interessi della moglie.

 

Ad esempio, la legge rabbinica consentiva al marito di divorziare, per colpa della sterilità della donna. Tuttavia, le Scritture non concedono ai cristiani il diritto sciogliere il matrimonio per una ragione simile. La prolungata sterilità femminile, non indusse Abraamo a divorziare da Sara, Isacco a divorziare da Rebecca, Giacobbe a divorziare da Rachele o il sacerdote Zaccaria a divorziare da Elisabetta.

 

Nel Sermone del Monte, Gesù disse che “chiunque divorzia da sua moglie, se non a causa di fornicazione, la rende soggetta all’adulterio, e chiunque sposa una donna divorziata commette adulterio ” (Matteo 5:32). Con questo assunto, Cristo spiegò che se un uomo lascia la  moglie per motivi diversi dalla “fornicazione” (pornèia) la espone a un futuro adulterio; e ciò perché la moglie non è libera di sposare un altro uomo, e avere rapporti sessuali con lui. Quando disse che chiunque “sposa una donna divorziata commette adulterio”, Cristo si riferiva a una donna divorziata per motivi diversi dalla “fornicazione” (pornèia). Un tale persona, pur essendo divorziata legalmente, non lo era scritturalmente.

 

Per cui, cercheremo di capire bene il significato della parola con cui lo scrittore biblico, intende la fornicazione.  Anzitutto, nella visione cattolica risulta essere errato il modo in cui è stato tradotto il termine. Ad esempio, la Bibbia della Conferenza Episcopale Italiana, riporta il famoso passaggio scritturale di  Matteo 19:3-9, come segue: “Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un'altra commette adulterio”.

 

Difatti, in questo brano sembra che Gesù abbia usato la parola “concubinaggio”. Ciò al fine di giustificare il fatto che nel testo non compaia il termine greco “moicheia”, lemma che sta ad indicare “stricto sensu” l’adulterio. Questo grande sofisma esegetico, è stato studiato ad arte, per due motivi:

 

1.       Per giustificare il divieto del divorzio anche in caso di adulterio, donde il sacramento indissolubile.

 

2.       Per poter dire nella nota riferita a Matteo 19:9 della Bibbia di Gerusalemme  (Conferenza Episcopale Italiana) quanto trascrivo: “Alcuni vogliono vedervi la fornicazione nel matrimonio, cioè l’adulterio, e trovano qui il permesso di divorziare in un caso simile; così le chiese Ortodosse e Protestanti”.

 

Faccio solo notare, che gli “alcuni” a cui si riferisce il commento della Bibbia cattolica, sono ben 426 milioni e 450 mila protestanti, e 271 milioni e 316 mila ortodossi.

 

Con questa abile acrobazia esegetica, l’unica giustificazione valida per interrompere un matrimonio sacramentale, sarebbe quella del concubinaggio, inteso come matrimonio incestuoso, contratto tra parenti e quindi proibito in Levitico 18:1-18.

 

  

Quando Gesù contesta le pratiche di divorzio del suo tempo, istruite con molta leggerezza, lo fa perché esse poggiavano essenzialmente sull'interpretazione liberale del rabbino Hillel, rispetto al modo di intendere Deuteronomio 24:1-3. In questo caso, Gesù ne eccettua l'adulterio, come giustificazione legittima per divorziare. Tuttavia il Messia si armonizzava con la più rigorosa scuola del rabbino Shammai, che limitava la cessazione del matrimonio, come conseguenza del solo adulterio. La Chiesa Cattolica, ovviamente, non condivide una simile interpretazione, ritenendola basata su una esegesi non esatta di Matteo 19:9. Tale passo, nell’ottica della teologia cattolica, stabilisce una sola deroga, ovvero un’ unione concubinaria illegittima, e giammai nel caso dell'adulterio.

 

Come Chiese Evangeliche nate dalla Riforma Protestante, teniamo in considerazione anche quelle che sono state le linee guida di Lutero sul divorzio. E lui la Bibbia la conosceva bene, sulla base delle lingue originali. Nel pensiero di Lutero, qualunque norma doveva discendere da ben definiti principi biblici e non prescindere da essi.  Egli era un serio e profondo conoscitore dell’ebraico e del greco. In questo caso, la sua comprensione della Parola di Dio, lo condusse a sostenere (anche antropologicamente), la tesi per la quale l’istinto sessuale, essendo una normale pulsione dell’individuo, al pari della fame o del bisogno del dormire, poteva essere soddisfatta naturalmente nel matrimonio. Considerava, quindi, che le persone avessero diritto a un nuovo matrimonio nei seguenti casi: impotenza o frigidità (nel 1522 non c’erano cure), abbandono del coniuge, esortazione al male (che dire se uno dei due diventa un delinquente incallito, pur rimanendo fedele?), incompatibilità di carattere (che dire se la personalità del coniuge dovesse rovinosamente cambiare nel tempo?) e diversità di religione, ove il coniuge impedisca la libera pratica della fede. Ma tale catechesi sulla coppia, riguardava anche molti altri casi di infelicità matrimoniale, dove poteva essere stato violato il principio biblico dell’amare il coniuge, come prossimo più prossimo (Matteo 22:39). Conseguentemente, Lutero considerava una prepotenza il fatto che la Chiesa papale, cieca e ottusa, ponesse un vincolo indissolubile alla fine naturale di quei matrimoni, irrimediabilmente compromessi. E contro questo autoritarismo, di cui i cattolici dell’epoca erano sudditi, Lutero si batté spesso, anche con accenti assai violenti. Secondo lui, nessuno poteva limitare quella libertà che anche Paolo aveva riconosciuto, nell’ambito del cosiddetto  “privilegio paolino”, ovvero, laddove un coniuge fosse stato abbandonato (1 Corinzi 7:15).

 

Nel caso decidiate per il divorzio, perché  vostro marito o vostra moglie non sono più interessati a voi, sappiate che attraverserete una fase che si chiama “elaborazione del lutto”.  E usando la parola lutto non intendiamo qualcosa che sia collegato alla morte, ma uno stato d’animo lacerante dovuto alla perdita in quanto tale. Le fasi di questa dinamica, sono essenzialmente quattro: negazione, rabbia, depressione, accettazione. Chi è stato vittima di adulterio e viene abbandonato, vive una dolorosa esperienza di rifiuto, che può intaccare in modo  profondo l’autostima e la fiducia in se stessi.

 

Nelle prime fasi della separazione, la negazione è l’aspetto predominante. Chi viene tradito  non riesce a credere a ciò che è successo veramente, pensando di vivere un brutto sogno.  Dopo alcuni mesi o settimane di depressione, comincia ad insorgere verso l’ex partner un sentimento di risentimento: mentre prima la vittima attribuiva a sé tutte le colpe del mondo, adesso ogni  torto è attribuito al partner.

 

Anche se nessuno deciderebbe di sua spontanea volontà di vivere un esperienza devastante come il divorzio, molti, quando riescono ad elaborare il lutto, si rendono conto di essere in grado di riconoscere tutti gli insegnamenti  che la passata esperienza ci ha lasciato. Tutti i rapporti, anche quelli più negativi e più autodistruttivi, hanno qualcosa da insegnarci.

 

Non si può, quindi, essere dogmatici, negli spazi in cui la Bibbia non lo è. E’ necessario vagliare caso per caso, quelle che sono state le circostanze e le cause profonde che hanno condotto alla fine di una relazione coniugale. Ciò che è essenziale, è rappresentato dalla fedeltà alla legge biblica dell’amore, in merito alla quale  Efesini 5:25-33 traccia una via maestra. Essa rappresenta l’affresco più bello, per vivere con il giusto spirito, i nostri rapporti di coppia:

 

“Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata lavandola con l'acqua della parola, per farla comparire davanti a sé, gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile. Allo stesso modo anche i mariti devono amare le loro mogli, come la loro propria persona. Chi ama sua moglie ama se stesso.  Infatti nessuno odia la propria persona, anzi la nutre e la cura teneramente, come anche Cristo fa per la chiesa,  poiché siamo membra del suo corpo. Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diverranno una carne sola. Questo mistero è grande; dico questo riguardo a Cristo e alla chiesa. Ma d'altronde, anche fra di voi, ciascuno individualmente ami sua moglie, come ama se stesso; e altresì la moglie rispetti il marito”.

 

 

 

ADOLESCENTI E SESSO

 

Come è noto, l'adolescenza inizia con la pubertà, ovvero con il completamento dello sviluppo sessuale dal punto di vista riproduttivo. Questa fase della vita, che in genere va dai 12 ai 17 anni,  dura fino al completo sviluppo fisico dell’età adulta. Il giovane, passando dall’osservazione genitoriale all'adattamento sociale, deve costruire per sé i propri meccanismi di comportamento relazionale, riferiti altresì alla sessualità, mediando tra i modelli trasmessi dai genitori e quelli del contesto collettivo, in cui egli si trova a vivere.

L'impulso sessuale si manifesta in modo differente nei ragazzi e nelle ragazze. Questo è anche il periodo nel quale i giovanissimi iniziano a consapevolizzare, che gli stimoli sessuali possano essere piacevoli. È ormai statisticamente provato, come nella prima adolescenza una sessualità attiva possa essere dannosa, sia sotto il profilo psicologico che fisico. Il fenomeno dell’esercizio della sesso precoce, d’altra parte, dimostra come esso sia presente prepotentemente nella vita degli adolescenti, ancora prima che essi siano preparati alle sue conseguenze. Comprendiamo che nei maschi, le esigenze biologiche sono specifiche e dirette ad uno scarico della tensione, cosa che avviene nell'orgasmo. Nelle femmine, il desiderio sessuale è meno specifico: è come una sensazione diffusa, pervasa da emozioni.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, le statistiche dicono che ogni anno si riscontra che un caso di malattia trasmessa per via sessuale ogni quattro, è da imputare ad un soggetto adolescente sessualmente attivo.  La percentuale di gravidanze tra i minorenni, è la più alta tra tutti i paesi civilizzati. Gravidanze non pianificate e malattie trasmesse per via sessuale sono inoltre più comuni tra coloro che hanno iniziato molto presto l’attività sessuale, prima cioè dei 16 anni di età. Un vecchio studio reso pubblico nel 2001 dall’ Alan Guttmacher Institute a cura della Dott.ssa Lydia O’Donnell aggiunge agli effetti descritti, la probabilità per la quale chi ha iniziato a praticare il sesso in giovanissima età, possa anche assumere alcool e stupefacenti prima o durante l’atto sessuale per aumentare le sensazioni percettive. In buona sostanza, i minorenni che hanno iniziato molto presto a praticare sesso, nella maggioranza dei casi, finiscono per adottare comportamenti che li mettono in pericolo sotto il profilo della salute. Proprio perché non sono maturi per poter vivere la sessualità, se non da un punto di vista istintivo ed ormonale. Questo è sesso disordinato  promiscuo, e slegato da ogni sentimento, diventa fornicatorio. Molti uomini, hanno avuto il loro primo rapporto, con una prostituta.

Ha fatto molto discutere, in questo direzione, lo studio dalla Dottoressa Rebecca Collins della Rand Corporation di Santa Monica (California), pubblicato nel settembre 2004 sulla rivista “Pediatrics”, in cui si è dimostrato come la televisione ed il ibero accesso ad internet, possa influenzare i giovanissimi nell’avere rapporti sessuali in età precoce, in maniera imitativa. Raccogliendo un segnale proveniente dall’Accademia Americana dei Pediatri, che a sua volta ha collegato il fenomeno dei contenuti sessuali nei programmi video, a quello del sesso praticato in età adolescenziale, la Dottoressa Collins e con lei alcuni colleghi, hanno indagato assieme,  per approfondire il fenomeno su basi scientifiche, prendendo in esame per biennio, un campione rappresentativo di 1792 ragazzi e ragazze, di età compresa tra i 12 e i 17 anni.

E’ stato chiesto al numeroso gruppo, di raccontare le loro abitudini in fatto di televisione  ed internet. Le loro risposte,sono state confrontate con i risultati di una analisi scientifica dei programmi televisivi, per ricavarne metri di valutazione rispetto ai contenuti sessuali. Il risultato finale attesta che il 90% degli adolescenti che guardano video  ad alto contenuto sessuale, ha una probabilità doppia di iniziare precocemente l’attività sessuale, rispetto a coloro che guardano la televisione o consultano internet non in maniera sessualmente interessata.

 

 INTERNET E SESSO

 

Per i sesso-dipendenti, la sessualità è vissuta in maniera diversa, non integrata in relazioni, ma come mezzo per vincere la noia o l'ansia, per sentirsi importanti per potere o altro, fino a raggiungere comportamenti coatti o compulsivi.

Internet  ha profondamente trasformando la cultura, consentendo l'accesso a informazioni messe in rete da ogni parte dl mondo, senza alcun controllo. Oltre agli straordinari vantaggi che il mezzo offre da un punto di vista dell'informazione, internet consente un facile, forse troppo facile accesso a contenuti pornografici, tanto che si stima che il 60% delle visite ha propositi legati al sesso. Il navigatore in cerca del cybersesso tuttavia, non si limita a vedere o a scaricare immagini o filmati pornografici, magari accompagnando queste azioni con la masturbazione, ma anche a leggere e scrivere messaggi e storie, inviarli via e-mail e cercare incontri. Molto seguite sono le chat a contenuto sessuale. Molti individui hanno on line comportamenti sessuali (sadomaso o da pedofilia), anche se non manifestano mai nel mondo reale. La maggior parte dei soggetti vive quest'esperienze per curiosità, anche se viene stimato che un buon 10% rimane legato al cybersesso, e ciò gli crea seri problemi.

Le conseguenze della sesso-dipendenza da Internet , sono correlate all’aumenta della solitudine. Le molte ore passati davanti al computer e le fantasie sessuali che ne derivano, allontanano dall'amicizia e dai contatti della vita reale. Se il soggetto è sposato questi comportamenti provocano nel partner un senso di frustrazione, un senso di solitudine e lo fanno sentire trascurato. E’ la vittoria del piacere egoistico.

Anche i comportamenti deviati on line, possono essere molto pericolosi. Si legge spesso di arresti di individui che "si limitavano" a utilizzare materiale a contenuti pedofilo, scaricato dalla rete, senza preoccuparsi dei reati commessi per produrli. Si ritiene che gli appassionati di cybersesso in rete siano tra il 6 % e l'8% dei navigatori, trascorrendovi circa 11 ore alla settimana. Si tratta soprattutto di uomini, che raggiungono la cifra dell’80% circa, più della metà sposati. Gli uomini sono piu' interessati alle immagini sessuali, mentre le donne agli incontri nelle chat. I collegamenti avvengono soprattutto di notte.

DIPENDENZA DA SESSO IN ITALIA

Secondo il “National Council of Sexual Addiction” (USA) del 1987, la Dipendenza da Sesso costituisce "un comportamento sessuale messo in atto, nonostante il manifestarsi di conseguenze negative per sé e per gli altri". Tale dipendenza, ha conseguenze gravi sia a livello individuale che sociale. Oltre a vivere un forte disagio psicologico, le persone che ne sono colpite, deteriorano progressivamente i rapporti affettivi e relazionali, fino a compromettere la propria attività lavorativa ed economica. Ad aggravare la situazione, resta il fatto che, sempre in base alle statistiche, il 55% commette con alta frequenza reati a sfondo sessuale. Pertanto, la problematica della Dipendenza da Sesso non ha solo rilevanza clinica individuale, ma anche negativi riflessi sociali. Questa dipendenza, rientra in quelle che sono state definite "dipendenze senza droga", ossia, comportamenti patologici che coinvolgono oggetti o attività apparentemente innocue, come il cibo, il gioco d'azzardo, il lavoro, il sesso e molto altro.

I comportamenti che il dipendente sessuale può mettere in pratica, sono i più svariati: rapporti sessuali con persone anonime o con prostitute, esibizionismo, voyeurismo, pratiche di tipo sadomasochistico, feticismo, fantasie sessuali ossessionanti, acquisto di materiale pornografico, utilizzo di servizi erotici al telefono, via internet e altro ancora. Il sesso diviene un'esigenza primaria per il quale tutto il resto può venire sacrificato, inclusi la salute, la famiglia, gli amici e il lavoro. Come conseguenza diretta, il soggetto che soffre di dipendenza sessuale, potrà sviluppare malattie sessualmente trasmesse o disturbi quali ulcera, pressione alta, calo delle difese immunitarie, esaurimento fisico o disturbi del sonno. Una buona percentuale dei dipendenti sessuali, ha gravi problemi matrimoniali e di relazione con i figli.  Tuttavia, nonostante non sia codificata come disfunzione, la Dipendenza da Sesso, è un disturbo che può arrecare gravi disagi a chi ne soffre, sia dal punto di vista fisico che dal punto di vista dei rapporti sociali e familiari. Quale ruolo riveste il nostro libero arbitrio, nella scelta dei nostri comportamenti sessuali? Quali sono i riferimenti valoriali e cosa dice la Scrittura, al riguardo?

Anzitutto, voglio sgomberare il campo dall’equivoco che potrebbe nascere, dal pensare che la sessualità sia il focolaio di tutti i mali dell’umanità. Siamo stati programmati da Dio, il quale per garantire la continua riproduzione del genere umano, ha associato l’esercizio della sessualità al piacere. Già il cattolicesimo del XVI secolo, insinuava maliziosamente che Lutero avesse promosso la Riforma Protestante, per potersi sposare e così dare sfogo alle sue maschili pulsioni. Detto questo, ciò che vale per l’autocontrollo nella direzione della sessualità, va pure riconosciuto per altri istinti da dominare come la  fame (disturbo alimentare) ed ira (disturbo da controllo degli impulsi aggressivi).  Dare sfogo ai propri impulsi sessuali è qualcosa che può fare chiunque. Ma solo un vero uomo o una vera donna è in grado di padroneggiarsi. E’ vero che dobbiamo fare i conti con le naturali pulsioni, ed anche Lutero diceva che “la più grande tentazione è pensare di non avere tentazioni”. In Geremia 17:9 è scritto “Il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa, e insanabilmente maligno; chi potrà conoscerlo?”. Avendo pacificato questa triste realtà, che pur ci appartiene, a partire dalla “caduta” dell’uomo nella condizione di peccato (Genesi 3:7-19), l’apostolo Paolo in due interessanti passaggi ispirati, rispettivamente in 1 Tessalonicesi 4:3-5 e Galati 3:5, dice: “Perché questa è la volontà di Dio: che vi santifichiate, che vi asteniate dalla fornicazione, che ciascuno di voi sappia possedere il proprio corpo in santità e onore, senza abbandonarsi a passioni disordinate come fanno gli stranieri che non conoscono Dio”; “Fate dunque morire ciò che in voi è terreno: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e cupidigia, che è idolatria”.

Domandiamoci: il sesso usa e getta come utilizzato come accade con gli attrezzi monouso, cosa può provocare a livello di costo e benefici, se non malattie trasmesse per via sessuale (HIV e AIDS), gravidanze indesiderate con conseguenti aborti, e la disapprovazione da parte di Dio? Possono essere così irrinunciabili pochi attimi di estremo piacere, davanti a conseguenze che possono rovinare una vita intera? C’è anche un risvolto psicologico e relazionale. Attenzione, però. Molte ragazzi scoprono di sentirsi meno attratti da una ragazza che si è facilmente concessa loro, e dopo aver fatto sesso è più probabile che la relazione finisca. In fondo, il corpo non può essere mercificato. Un impegno tracciato da Dio, che vede nella coppia il divenire di una sola carne (Genesi 2:18-24) con l’esortazione biblica che recita “Perciò l'uomo non separi ciò che Dio ha unito” (Matteo 19:6), deve produrre un orizzonte adulto e responsabile. La nascita di una nuova vita, deve essere accolta all’interno di una famiglia composta da genitori adulti. Vivere la sessualità in una realtà normata, evita preoccupazioni, rimorsi, scelte sbagliate e tappe bruciate. Ogni periodo della nostra esistenza va vissuta con responsabilità, ovvero come un atto di assunzione di coscienza, alla luce della volontà di Dio, nella prospettiva della grazia, della salvezza e della vita eterna.